"Non potevano sopportare la sua grandezza,
poiché essi si sentivano troppo piccoli al suo cospetto.
Quei piccoli uomini."
La prima cosa a cui ho pensato è stata questa frase.
L'avevo in mente da tempo, e sento che non potrebbe esserci parafrasi più degna per descrivere l'odio con cui taluni irridono la figura che ha lasciato questo show televisivo.
Era una persona, Lexa.
Prima che Comandante era una
persona.
Altro che un robot, un automa, che agiva per un pattern, un algoritmo.
Era
viva.
Amava, soffriva, viveva.
E chi afferma il contrario dopo aver visto questo episodio non ha capito proprio niente.
Nulla, ed ha un vuoto nel cuore. Un buco profondo e ricolmo di odio, un odio vuoto e privo di forma e sostanza, di
vere motivazioni.
Un buco ricolmo d'invidia perché nessuno, nessun personaggio ha avuto tanta anima quanto Lexa.
Un'anima viva nei suoi occhi grandi, nelle sue espressioni silenziose ed eloquenti, nate dalla magia di Alycia, dalla sua interpretazione vivida e dalle sue lacrime vere, figlie di un'interpretazione vissuta, sentita.
Era una guida, un faro per coloro che l'hanno seguita, persino per Titus che voleva proteggere quel suo essere
speciale che alla fine l'ha uccisa.
Quel suo essere unica nel suo essere una persona che alla fine voleva solo poter amare ed essere amata.
Chi si rallegra per la sua morte non ha guardato lo stesso episodio che molti di noi hanno visto.
Non l'ha fatto, davvero.
Chi, che abbia un cuore, da persona, da essere umano, può non aver visto, sentito e percepito il messaggio emotivo che era insito in quegli occhi imploranti, in quello sguardo che sussurrava una preghiera, mentre era seduta su quel letto.
Chi si lamenta per il tempo speso per il suo personaggio
PENSI, prima di aprire bocca e dare voce al niente.
Pensate.
Pensate alle sue mani esitanti che non riuscivano a sfiorare nemmeno i capelli di Clarke mentre la baciava, mentre timorosa di farle ancora del male non riusciva a toccarla, mentre chiedeva il permesso di poter dar voce al suo cuore anche mentre era CHIARO che Clarke le stava dando il permesso di farlo.
Perché Lexa è così.
Da quando l'ha tradita a Mount Weather lo è sempre stata.
Muta e silenziosa nel suo amore timido e tremolante come le lacrime sgorgate dai suoi occhi, nate da un bacio sfiorato e vibrante dei suoi singhiozzi.
In un pianto che chiedeva "
Non andartene, non lasciarmi".
Ma doveva.
Clarke doveva e quando Lexa la vede e le dice "
Quando te ne vai?" lei già sa, già era certa che Clarke per DOVERE avrebbe dovuto lasciarla. E la testa al di sopra del cuore la fa parlare, la fa salutare quella Clarke che con il cuore e non con la testa vorrebbe accanto a sé.
E Clarke con il suo "
Magari, un giorno, tu ed io non dovremo più nulla alla nostra gente" auspica che un giorno, quando la loro eredità sarà davvero la pace forse potranno, forse avranno un momento per loro.
Ed il tremolio nella voce, l'incrinatura.
E la maschera di Heda si spezza.
Il Comandante lascia il posto all'essere umano.
Alie 2 desidera l'amore, lo stesso amore che ha sempre cercato di dare al suo popolo da quando Clarke l'ha fatta gradualmente cambiare, aprire, fino a spezzarla.
Poi il bacio.
Un bacio strutto, che sapeva di cuore, che sapeva di amore e che per entrambe doveva essere muto, perchè non aveva bisogno di parole.
Lexa lo sapeva bene e lo sapeva anche Clarke.
Ed anche in quegli istanti pieni di tiepida gioia e amara tristezza c'è stato il posto per un momento,
meno di un'ora, per convogliare l'una verso l'altra
TUTTO.
Tutto ciò che non è stato detto, ma che era stato già ampiamente dimostrato da carezze, frasi e sguardi.
Troppo lunga? Pedante?
PESANTE? Una scena d'amore che manco s'è vista? Ma per favore...
Siate onesti con voi stessi, haters.
Lamentatevi per qualcosa per cui valga la pena di essere sottolineato, accusato.
Non di questo.
Non lamentatevi di tiepidi baci colmi di conforto, non lamentatevi di qualche tenera carezza data su di una spalla, di una frase ammutolita da un invito al silenzio, un silenzio che bastava per contemplare un momento che sarebbe bastato per giorni, settimane, o mesi.
Un momento che sarebbe bastato.
Una piccola e fugace dimostrazione d'amore.
Perché è durata così tanto, eh sì, così tanto che al confronto il tuono del proiettile che l'ha colpita è sembrato durare in eterno, come il suo barcollare inerme ed indifesa al suolo, tra le braccia di Clarke.
Uno sparo durato - quello sì - troppo a lungo per chi questo personaggio l'ha vissuto, apprezzato e compreso davvero.
E' stato come se il mondo si fosse fermato.
Gli interpreti svanivano, restava soltanto il buio.
Il buio nero di un sangue che sgorgava via da un buco più piccolo di un bottone, fin troppo velocemente.
Fin troppo abbondantemente.
Mani nere quelle di Clarke che - invece di strofinarsi via il sangue come fece al tempo con Finn - ha guardato invece in viso Lexa fino all'ultimo, aggrappata a ciò che non voleva perdere di nuovo, ciò per cui si era battuta,
si erano battutefino a quel momento.
La speranza.
La pace.
L'eredità di Lexa.
L'eredità di Clarke.
You bring them Justice.
You bring them justice.
We bring them peace.La loro eredità.
Qualcosa che solo Clarke, che è stata cresciuta da Lexa fino ad ora, che è "nata" per essere una leader, che non può fuggire da chi è davvero, che è il suo riflesso, potrà raccogliere.
Iniettandosi quel liquido nero e maledetto, portando con sé l'anima di Heda.
Perché al Conclave, sicuramente, Aden e tutti gli altri Nightblood moriranno e rimarrà solo Ontari, figlia del "Jus Drein Jus Daun", di una cultura rigida - quella di Azgeda - e non del lascito di Lexa, quella PACE per cui hanno così tanto lottato.
Clarke è l'unica,
è tutto semplice e lineare, tracciato appositamente per formare una nuova leader apposta per permetterle di accogliere quell'eredità che entrambe hanno così difficoltosamente costruito.
L'unica soluzione degna di merito in un mondo che non sa cosa sia la giustizia.
Ma tutto nel frattempo scivola via in minuti che sembrano ore, mentre Alycia distrugge gli altri attori iperventilando e facendo sussultare il ventre sottile di Lexa, mentre l'ormai inevitabile è chiaro, ma Lexa - con chissà quale forza d'animo e con un altruismo che certi "
piccoli uomini" si sognano - pensa a Clarke dicendole "
Non avere paura".
NON AVERE PAURA.
Laddove l'ombra della morte terrorizzerebbe chiunque, laddove persino il più impavido avrebbe potuto sentire il freddo incedere della notte eterna e tremare all'idea di spegnersi per sempre lei le dice:
NON
AVERE
PAURA
Parole nate dai singulti e vibranti dell'agre sapore della morte.
Ma per Heda sono verità, sono una rassicurazione per Clarke.
Nel frattempo altro altruismo, perché Lexa in quel momento pensa sempre e solo a Clarke.
La promessa che fa fare a Titus, il giuramento sacro che gli fa fare sul suo nome, sul suo essere il custode della fiamma, è quello di non cercare mai più di nuocere all'amore.
Al suo.
"
Non proverai mai più a fare del male a Clarke... Giuralo"
Ultimo ed unico egoistico desiderio che Il Fleimkepa accetta. E se anche l'attore di Titus - da pessimo interprete qual'è - è riuscito ad emozionarsi in quella scena illuminando i suoi occhi inespressivi di lacrime vere allora - forse - questo personaggio stava veramente lasciando dietro di sé qualcosa che, persino lui, l'attore, poteva sentire nel suo
"I swear it"
Lo giuro.
Poi trova spazio persino per la sua gente.
"
Servi il prossimo come hai servito me"
La forza che trasuda da questo gesto d'amore nella morte è incredibile.
Anche nella fine c'è spazio per la Speranza, per la Pace, per l'Amore.
Questa volta verso gli altri.
Altri sussulti, tremiti, il tempo si accorcia, e Clarke non ci sta, la incita, dal cuore, con tutto il suo animo e con tutte le sue forze.
"Non provare ad arrenderti"
E di risposta Lexa le risponde che non lo farà, che continuerà a combattere con tutta la sua anima, perché il suo amore per Clarke - questo lo si è capito chiaramente, esplode a schermo come una stella morente - vivrà per sempre.
Ma è un
NO.
Clarke non lo accetta, rifiuta l'inevitabile.
Eliza vibra e si muove spinta dai sentimenti di Clarke, i suoi occhi bagnati e rossi lasciano la consapevolezza del rifiuto che ormai vecchio di mille fatti trascorsi l'ha sempre contraddistinta.
Nata dal trauma di perdere coloro che ama. Suo padre prima, Finn poi per poi aggiungerci tutte le miriadi di vittime causate dal suo NON AVERE SCELTA.
Dal LORO non avere scelta.
Clarke non lo accetta, come non lo accetta il suo cuore devastato che vuole SEMPRE salvare tutti.
Che vuole salvare Lexa.
Ma che non può farlo.
Nemmeno stavolta.
Non puoi fare più niente ora.
There's nothing you can do now.
(3x04 - But You can't fix this)
Perché quando suo padre morì, quando Finn morì, quando tirò quella leva a Mount Weather, Clarke ha sempre cercato di mettere a posto ogni cosa.
Ed arriva l'amara lezione. L'ultima che Lexa le lascerà.
Non puoi aggiustare tutto.Non puoi.
Clarke lo realizza e rimane intontita.
Poi, ancora rassicurazioni, perché in Lexa c'è ancora spazio per vedere la debolezza di Clarke e porvi un tampone, per cercare di arginare il dolore che la corroderà da quel giorno in poi.
"Il prossimo Comandante ti proteggerà"
Ma a Clarke questo non interessa, lei non ha combattuto, odiato, amato e vissuto per qualcun altro.
"Io non voglio un altro Comandante"
La negazione.
"Io voglio te"Una dichiarazione d'amore che è stata tirata fuori con forza, con un piede di porco dalle profondità più recondite e torturate del suo animo, quello che Lexa ha distrutto tradendola ed abbandonandola tempo prima.
Quel sentimento, con tutta se stessa, Clarke lo tira fuori e lo dà a Lexa, speranza di vita, per darle forza, una motivazione.
Era un "io ho bisogno di te".
Lo stacco inglorioso su Octavia ed Indra ha rovinato un momento così inteso che sarebbe stato legittimo capovolgere schermo, mouse e tastiera dalla vergogna.
Poi si riprende con Clarke muta, piena di tutto ed attonita nello scorrere inevitabile degli eventi.
"Clarke" una voce, un bisogno.
E subito corre da Lexa, al suo fianco, per non lasciarla, per riflesso condizionato spinta dai suoi genuini sentimenti.
Poi...
"
Ai gonplei ste odon"
La mia battaglia è finita.
Clarke non accetta, capisce, ma rifiuta, il suo io è tormentato nella consapevolezza che è così che andrà a finire ed Eliza freme, fa sentire tutto questo attraverso il suo muovere il personaggio di Clarke.
Ancora non si rompe, resiste e nega, vive, ancora, gli attimi che restano nell'ancestrale temporalità che le unisce/divide.
E qui la bellezza.
L'amore che prende nuovamente possesso dello schermo attraverso le parole di Lexa, che richiama alla memoria una frase che significa tutto il loro intero rapporto.
"
Avevi ragione... la vita è più che mera sopravvivenza."
Vale la pena di aver vissuto, di aver amato, anche se il loro fiore è sbocciato per meno di 60 minuti. Pochi, ingiusti, meravigliosi minuti, passati a sbocciare in un fiore bellissimo, che è poi stato strappato via da un'oggetto insignificantemente piccolo, stupido, insensato.
Ma non rimpiange niente in questa frase Lexa, nonostante questo, nonostante sia stato un attimo, nonostante abbia attesi mesi e settimane per avere questo istante lei non lo rinnega, non lo rimpiange.
Lo accetta.
Lo AMA.
E Clarke realizza.
Questa volta, davvero.
Vi ricordate Kane?
Unity Day.Primi minuti.
La morte della madre di Marcus, anche oggi era giorno di celebrazione, anche oggi qualcuno è dovuto morire...
In
peace, may you leave this shore.
In
love, may you find the next.
Safe passage on your travels,
until our final journey to the ground.
May we meet again.Con la voce tremante, tra i singulti, Eliza si smonta parola dopo parola, e nel frattempo Clarke accompagna Lexa, la guida, nella
Pace e nell'
Amore.
Parole che significano ben di più tra di loro rispetto al saluto simbolico che, funebre, dovrebbe rappresentare un ultimo rituale, un addio.
Pace: un'eredità.
Amore: una verità ormai nota ma mai banale, non tra di loro che non hanno mai potuto dirselo per DOVERE.
E come ad assaporare il suo ultimo respiro, un bacio lasciato come una promessa d'amore, un cuore che si spezza, mani nere che chiudono due occhi così grandi e pieni, ora, così vuoti.
Clarke si distrugge nel dolore ed Eliza - che è tutt'altro che un pezzo di pietra - riesce a farci sentire nel suo pianto strozzato il dolore graffiante della perdita. L'abrasiva sensazione di mancanza che le si stringe nel petto mentre si fa piccola e barcolla senza più appoggio.
Perché ora camminerà con le sue gambe, con la sua forza.
Dovrà camminare con quelle.
Con ciò che Lexa ha
scolpito dentro di lei.
Il rituale deve proseguire, la cerimonia di trasferimento dell'"anima" dev'essere compiuta, ma per Clarke non ha senso, chiede spiegazioni non comprendendo un gesto che per Titus è d'obbligo, un dovere, nel rispetto di colei che ha ancora una volta giurato di servire.
Ed Eliza qui ha una mancanza, l'unica che le si può imputare, per la figura di Titus così pressante e preponderante che ha smorzato l'atmosfera con il suo pessimo recitare, mentre Murphy restava assurdamente in disparte quando avrebbe potuto rovinare tutto con le sue uscite fuoriluogo ed invece non lo ha fatto, restando di fatto testimone di qualcosa che mai nessuno Skykru avrebbe mai potuto sognarsi di vedere...
Le hanno strappato il cuore.
Quel taglio che fa male al petto apre una voragine nera da cui esce un anima.
Non un chip, non un AI,
un'anima.
Una creatura viva, senziente, in cui vivono anime vere figlie di amori, dolori e memorie vissute.
"E' un AI"No, John Murphy.
Titus lo dice.
"Sbagliato. Questa è lo spirito del Comandante"Ed ha ragione.
Allora Eliza si riprende e mentre un corpo senza vita, una bandiera, un'icona incredibile viene portata via, Lexa svanisce dalla sua realtà, dal suo mondo.
Sì, Lexa era la sua casa, il suo luogo sicuro, un rifugio.
Un disegno incompleto che - forse - Clarke dovrà trovare la forza per riuscire a completare un giorno, riguardando il suo amore negli occhi.
Mentre accade tutto questo, mentre portano via il suo corpo e neanche si accorge di rimanere chiusa dentro quella stanza ormai vuota, Clarke fissa un panno bianco intriso di nero.
Il nero dell'oblio in cui tremante, fremente, scioccata
ora
si sta
perdendo.
Cosa ci rimane ora?
Un blocco allo stomaco pesante più di un macigno.
Lacrime che non escono dagli occhi e si accumulano nel cuore.
Ed alla fine un'incessante domanda.
Perché?
L'assurdità della realtà sovrasta la ragionevolezza e la coerenza del tutto, innegabili.
Non ha più senso nulla nella mente che, arida, osserva, contempla ma non vuole accettare, capire, che Lexa fisicamente non c'è più.
Perché Lexa, era diventata un pilastro, una creatura portante che ha appassionato ed affascinato centinaia di migliaia di persone, grazie al sublime lavoro di Alycia.
Ed ora The 100 tornerà ad essere monco.
Privo di qualcosa che lo rendeva speciale.
Privo di un personaggio che da solo rubava la scena e rendeva sensato perdere quaranta minuti della nostra vita a guardare uno schermo in cerca del suo incredibile carisma, della sua passione, della sua complessità come persona.
Per questo: per le emozioni, i ricordi e la passione che Alycia ha messo nella sua recitazione; per tutta la forza, la speranza, la bontà e la crescita che ha fatto maturtare in Clarke; per la sua/loro eredità...
Io la ringrazio.
Ringrazio Lexa/Alycia di aver reso The 100 qualcosa di speciale.
Una donna, una persona, capace di conquistare. Con tutto ciò che ha avuto da dare a noi spettatori.
Mi dispiace, per chi odia Lexa, perché so - si vede - che non ha nemmeno cercato di fare lo sforzo di capirla.
Di capire una singola goccia del suo mare di complicate emozioni.
Tanto basta aprire la bocca sputando sentenze come "
Ha tradito qui, come puoi perdonarla di là..."
Bravi.
Complimenti.
Ma tanto, ciò che resta è nello show e nel cuore di tutte le poersone che hanno visto questo personaggio e questo - signori miei - a queste persone voi non potrete mai toglierlo, con le vostre parole
vuote.
Ed ora che l'aria è ormai satura dell'odio di chi la bocca l'ha aperta per parlare a sproposito e dell'amore che le persone che hanno amato questo personaggio hanno voluto lasciarle, con queste righe termino qui.
La prossima puntata sarà soltanto l'ennesima di una lunga serie di altre dal retrogusto amaro e già visto.
Noi, che Lexa l'abbiamo vissuta, il cuore lo abbiamo lasciato qui, vicino a lei.
Ste yujReshop Heda.
