Si sedettero a un tavolo appartato, uno di fronte all'altra. Era una situazione insolita per loro. Finora erano sempre andati a mangiare un hamburger al volo, quando erano fuori per un caso, o quando avevano bisogno di decomprimersi. Ma si era sempre trattato di un'atmosfera informale, avevano bevuto birra e parlato per tutto il tempo di omicidi e moventi.
Adesso, per quanto suonasse pomposo alle sue stesse orecchie, pensò Kate, erano un uomo e una donna fuori a cena. E la cosa li mandava direttamente a un altro livello del loro rapporto.
Castle non aveva davvero avuto bisogno di prenotare. Era venuto il proprietario in persona a salutarlo, e lui l'aveva presentata con il solito tono orgoglioso con cui diceva al mondo “Eccola.
E' lei”. La cosa riusciva allo stesso tempo a divertirla, e a renderla leggermente nervosa, perchè mancava poco che facesse rullare i tamburi prima di mostrare al mondo tanto genio. Per non parlare del fatto che la maggior parte delle persone sapeva molte cose di lei, mentre lei non sapeva nemmeno chi fossero. Era così tipicamente
Castle, si trovò a ridere tra sè.
Li aveva accompagnati personalmente nel giardino esterno, da cui si godeva la vista delle numerose barche ormeggiate in porto. Si era alzata una leggera brezza, che aveva abbassato la temperatura di una giornata insolitamente molto calda, per essere inizio giugno, rendendo il clima piacevole per una serata all'aperto. Il giardino era molto ampio, e lungo il perimetro erano stati piantati numerosi cespugli di fresie*, il cui profumo intenso era la prima cosa che l'aveva colpita e di cui avrebbe faticato a cancellare il ricordo.
“Quindi è qui che passerai l'estate”, ruppe il silenzio, alzando la testa da sopra il menù, decidendo che si era protratto troppo a lungo.
Lui la guardò senza capire.
“Qui negli Hamptons. Non qui al ristorante”, puntualizzò.
“Ah, sì. Mmmh mmh”, rispose per niente convinto ed evitando di incrociare i suoi occhi, fingendosi molto interessato a leggere la lista dei piatti, che doveva conoscere a memoria.
“Devi finire il libro, giusto? E' per quello che hai deciso di passare l'estate qui”, insistette Kate, senza mollare la presa.
“Oh, dobbiamo proprio parlare del libro? Ho passato ore al telefono con Gina ed è un'esperienza che cerco di evitare finchè è possibile. Credimi, mi fa venire voglia di darmi agli harmony in costume, piuttosto”.
“Sei riuscito quindi a parlarle”, notò Kate. “Aveva chiamato anche al distretto, cercandoti”.
“Sì, sì. Alla fine abbiamo parlato”, rispose tagliando corto.
“Va così male?”, chiese Kate incuriosita.
“Con Gina o con il libro?”.
“Con il libro. Mi sembra che tu non ne voglia parlare”.
“E' che... sono a un punto in cui non sono soddisfatto di dove sono arrivato con...”.
“Con i personaggi?”
“Con la trama”, la corresse, rapido. “I personaggi vanno bene. Alla grande. Nessuna nuvola all'orizzonte per Nikki e Rook”, concluse deciso.
“Oh, capisco. Quindi è un problema della parte
thriller?”, chiese gentilmente. “Se vuoi che ne parliamo, Castle, posso darti la mia consulenza su qualche parte delle indagini che...”, si propose spontanteamente.
“Come se non sapessi cosa stai facendo, Beckett. Tu vuoi gli spoiler”, la interruppe. “Non credere di ingannarmi solo con il tuo bel faccino. Ti conosco”.
“Dai, Castle”, sbuffò. “Un'anticipazione? Solo una? Piccola? Io sono la tua
musa, devo per forza sapere le cose prima degli altri”.
“Infatti, leggi il libro prima degli altri, te lo sei dimenticato?”.
“Sì, ma devo aspettare ancora mesi. E poi so le cose quando ormai il libro è finito”, si lamentò.
“E' perchè passeresti tutto il tempo a dirmi 'Sì, certo, Castle, come no, ti piacerebbe, ma da dove hai tirato fuori questa cosa? Ma neanche in un universo parallelo'. No, grazie, uccideresti la mia creatività”.
“E da quando? Non sono io che ti “ispiro”?”. Mimò le virgolette.
“Sì, ma poi ho bisogno di una certa libertà per... ricrearti nelle vesti di Nikki e tu con i tuoi toni dispotici e la tua logica mi ammazzeresti l'atmosfera”.
“Non ho nessun tono dispotico!”, si indignò lei.
“Oh, sì, sei dispotica. Affascinante e dispotica. Bellissima e dispotica. Incredibilmente sexy e...”
“Ok, ok. Ho capito il concetto. Ma torniamo al libro”, alzò la mano per fermarlo. “Sai qual è il problema, Castle, se posso permettermi un consiglio?”.
“Pendo dalle tue labbra”, rispose serissimo.
“Se non la smetti mi alzo e me ne vado”, lo rimproverò, ridendo.
“Guarda che ti sto ascoltando attentamente. Sentiamo. Qual è il consiglio?”, chiese con modi molto compiti.
“Io non sono una scrittrice, però... è che secondo me non hai fatto abbastanza ricerche. Sul campo, dico. Quindi... non so, rinchiuderti qui tre mesi, senza contatti con il crimine, non pensi che sia controproducente?”, prese il bicchiere di vino e diede una lunga sorsata. Dire e non dire, mostrarsi e nascondersi, era qualcosa di molto divertente che le piaceva giocare. Ma, ogni tanto, serviva un po' di coraggio.
“Pensavo che non ne potessi più di vedermi intorno. Ormai da quanto tempo ti seguo? Un anno? Un anno e mezzo?”, rispose Castle stando al gioco.
“Lo faccio per la scienza”, annuì fingendosi molto seria.
“Oh, già,
la scienza...” accolse l'imbeccata. “Sai, pensandoci”, proseguì “in effetti ho qualche pagina di appunti delle ricerche sul campo, però...”, si fermò titubante.
“Continua, mi sembri sulla strada giusta”, lo invitò lei.
“Però la stranezza del genere umano non si esaurisce, no? Voglio dire, e se intanto mi perdessi un caso diverso dal normale? Se non mi ricapitasse più? Se fosse quello di cui ho bisogno per dare un nuovo, non so, impulso narrativo alla trama? Se non prendessi mai il Pulitzer, perchè mi sono fatto sfuggire un'occasione?”. Castle ormai era lanciato e non sembrava volersi fermare.
“Ok, esatto. E' proprio quello che volevo dire. Magari potrei... chiamarti se mi capitasse qualcosa di molto, molto singolare? O disturbo la tua quiete creativa?”, chiese dubbiosa e speranzosa insieme.
“No”, rispose lui quasi gridando. “No, no. E' per la scienza”, concordò lui. “Anzi, propongo un brindisi “
La scienza non ha che un imperativo. Contribuire alla scienza”**, declamò con tono ispirato.
Kate rise, accostò il bicchiere al suo, e bevve 'Alla scienza'. “Quindi, questa estate potremmo... vederci... se ci sarà l'occasione, intendo. Non dobbiamo aspettare l'autunno”.
“Certo che sì. Assolutamente”, convenne Castle guardandola negli occhi e preparandosi ad approfondire il concetto di
vedersi, se non che in quel momento arrivò il cameriere con le loro ordinazioni e, all'improvviso, non sembrò più l'atmosfera giusta per parlarne. Due passi avanti e uno indietro, si disse. Funziona sempre così con Kate Beckett.
Mangiarono, chiacchierarono, ordinarono altre bottiglie di vino e risero molto. “Sai, Castle...”, iniziò allegra e un po' brilla. “Ho come la sensazione che il mio bicchiere non sia mai vuoto. Non starai cercando di farmi ubriacare?”
“Ti farei ubriacare se ci fosse un motivo per farti ubriacare”, rispose Castle. “Invece stiamo solo accompagnando un'ottima cena con il vino giusto. E tu non sei in servizio”.
E stasera dormi sotto il mio tetto.
“Perchè Lanie aveva ragione. Non fare a gara con me su chi regge meglio l'alcol, perchè perderesti di sicuro”, lo avvisò.
“Mi arrendo. Ho già perso. Tu però controlla di riuscire a stare sulle tue gambe, uscendo”, la prese in giro.
Lei gli lanciò il tovagliolo addosso. “Ehi! Certo che riesco a stare in piedi! Ti faccio vedere che riesco a toccarmi il naso con gli occhi chiusi?”, propose allungando un braccio.
“No”, rispose ridendo. Beckett lievemente alticcia era uno spettacolo che non si era mai immaginato. “Mi fido della tua parola”.
Seguì' qualche minuto di silenzio rilassato.
“Castle perchè mi hai invitato a venire?”, chiese con un tono serio e basso che lo colse di sorpresa. Non stavano ridendo fino a qualche momento prima? Avvertì il brusco cambio di atmosfera tra loro.
“Tu perchè hai accettato di venire?”, le rimbalzò la domanda, nello stesso tono e senza più giocare.
Quindi era il momento di mettere le carte in tavola?
“Non si risponde a una domanda con una domanda”. La guardò per un momento. Non era da lei parlare così chiaramente. O volere una risposta così onesta. Non sapeva quando potesse percorrere il campo minato, prima di oltrepassare il limite e farla scappare. E, a dire il vero, il motivo non era così chiaro nemmeno a lui.
“E' per... Tom?”, chiese lei a fatica.
“Per Tom?”.
“Per... non lo so, perchè mi hai vista con un altro?”. Oh, si mettevano proprio in chiaro le cose, qui.
“No, Kate”, rispose coprendole la mano con la sua. “E' per te. Ti ho invitato per te”.
Lei abbassò gli occhi a guardare la sua mano sulla propria, senza tirarla via. Lui intrecciò le dita tra le sue, accarezzandole il polso. “E tu perchè hai accettato?”, chiese così a bassa voce che quasi Kate non lo sentì. E per un po' lui pensò che non l'avesse sentito e forse era meglio così.
“Io...”, si guardò in giro alla ricerca delle parole, che non aveva. “Non sono molto brava a.. spiegarmi. E non sono nemmeno una persona con cui è facile andare d'accordo, e probabilmente sono davvero dispotica come hai detto...”. Wow, erano tante parole, per essere una che non parlava. Il problema è che non gli stava dicendo quello che lui voleva sentirsi dire.
“E quindi sono qui perchè...”, si fermò di colpo, e lo guardò con una muta richiesta di aiuto. Non l'aveva mai vista così, confusa e insicura e, a un tratto, volle portarla via da lì. Non poteva lasciare che si imponesse di dargli una risposta solo perchè lui aveva fatto pressione. E perchè voleva sentirla.
“E' tardi. Perchè non andiamo via? E' stata una lunga giornata”. Le propose con tono gentile.
“Sì. Sì, hai ragione”, lo guardò riconoscente, alzandosi in piedi. Le offri un braccio perchè non era del tutto sicuro che potesse farcela ad arrivare all'auto da sola, ma lei lo colse di sorpresa affondando la testa nell'incavo del suo collo. Lui rimase per un attimo impietrito, ma poi le passò un braccio dietro la schiena tenendola contro di sè. E non gli importava se li stavano guardando.
“Io... non...” mormorò sommessamente contro il suo collo. Cercò di concentrarsi sullo stato d'animo di lei e si sforzò non pensare a quanto avere Beckett tra le braccia lo stesse quasi mandando via di testa. “Shh. Lo so”, le rispose all'orecchio, cercando di evitare in tutti i modi di cadere nella tentazione di alzarle i capelli e appoggiare le labbra sulla nuca.
Ok, basta. Fece un respiro profondo e quando lei alzò gli occhi a sorridergli, lui le rispose in automatico con un sorriso pieno di comprensione come se nel frattempo non stesse cercando di ipnotizzarsi per non muovere nessun muscolo.
In silenzio salirono in macchina, lui ancora sorpreso da quello che era successo e senza avere la minima idea di come intepretarlo, ma fingendo di darsi un contegno impassibile, mentre lei aveva appoggiato la testa allo schienale, chiudendo gli occhi.
Arrivarono alla villa, ancora immersi nel silenzio. Scesero dall'auto, e Kate si tolse i sandali. “Mi stavano uccidendo”, confessò.
“Davvero? Mi sono sempre chiesto infatti come potessi correre con quei cosi”.
“Di certo non corro con questi”, rise lei.
Qualcosa tra di loro era cambiato. Ma nessuno dei due voleva forzare la situazione, o rovinare l'atmosfera di promesse forse non ancora realizzabili, che si avvertiva tra di loro.
“E' molto bello qui”, mormorò Kate, avanzando nel giardino, a piedi nudi. “Non fa nemmeno freddo, e il mare si è calmato, rispetto a prima...”, stava parlando a vanvera, solo per coprire l'imbarazzo e perchè voleva che questo momento non finisse mai. E poi ci sarebbero state decisioni da prendere, e discorsi da fare e risposte da dare, e cercava di allontanare l'inevitabile.
Sentì i passi di Castle raggiungerla da dietro e mentre si voltava a guardarlo, lui le appoggiò una mano sul fianco, la fece girare verso di sè, le mise una mano tra i capelli e, mentre lei lo guardava stupefatta e colta di sorpresa, incapace di fare alcuna mossa, si chinò a baciarla.
E fu molto meglio di quanto si fosse mai immaginata, perchè certo che se lo era immaginato, o di quanto le fosse mai successo fino a quel momento e si sentì cedere le gambe mentre si aggrappava a lui, lasciando uscire un gemito, mentre il bacio diventava sempre più profondo e Castle iniziava ad accarezzarle la schiena con gesti ampi e lei affondava le mani tra i suoi capelli, aderendo con il corpo contro il suo e...
“No” si staccò lei di colpo, allontanandolo e guardandolo con occhi sbarrati. “Non... posso... non ...”.
Lui appoggiò la fronte sulla sua, respirando velocemente. “Kate” la pregò con le labbra sulle sue, mentre lei era divisa tra la voglia di scappare via e quella di rimanere allacciata a lui.
Ma si staccò dal suo abbraccio, corse dentro casa e, in un attimo, fu tutto finito.
******************************************
* Le fresie mi sono venute in mente all'improvviso, ma non sapevo neanche come fossero fatte. Però quando le ho viste ho detto "Oddio, sono proprio adatte per la mia versione di Caterina".
Pensate però cosa ho detto quando ho letto il significato:
è senza dubbio considerato il simbolo dell’amicizia duratura e dell’amore platonico ma i suoi fiori così particolari lo hanno anche reso immagine del mistero. E’ sempre stato considerato così fin dall’antichità e per molto tempo ha simboleggiato anche la nostalgia. 
** Bertold Brecht "Vita di Galileo".