"Noi viviamo insieme, agiamo e reagiamo gli uni agli altri; ma sempre, in tutte le circostanze, siamo soli."
Aldous Huxley, The Doors of Perception
nientemeno che il Dr. Leary ci fa da traghettatore in questo viaggio scomposto nel mondo delle sinestesie: la vodka sa di coro russo, il gelato all'arancia sa di profumo, un campo di concentramento diventa Marte, una giornata di merda diventa una bellissima giornata, la sala delle conferenze una caverna platonica, i fagioli dialogano, la cena tra amici un simposio socratico, il disegno dei ragazzi al falò suggerisce il calore di una casa, la voce della madre di Megan si sovrappone al vuoto della non-voce della non-madre di Don, il tempo e le inquadrature si sovrappongono in maniera cubista, i colori distonici dell'hotel provocano la psichedelia quasi più del vero "viaggio" di Roger; l'Uno è Tutto, è il trionfo della percezione e l'abisso dell'animo umano; se tutto è uno sfolgorio incessante, come recita il Libro Tibetano dei Morti (o dei Dannati?), chi vede questo sfolgorio è definitivamente solo, dannato a ritrovarsi con un pugno di percezioni confuse in mano e nient'altro; Don dopo una lotta pericolosa si aggrappa al ventre di Megan, l'ultima possibilità di non sentirsi solo, Don-Betty padre-figlia diventa Megan-Don madre-figlio, il personaggio è al nadir, a testa in giù come l'Appeso dei Tarocchi; quando il gatto non c'è i topi ballano, Don assente ha prodotto l'arroganza di Pete come account (puntata precedente), e l'arroganza di Peggy come copywriter;
"It's my business" il deviralizzato canuto Mr.Cooper è il sacerdote che veglia su questa trasformazione, la voce guida come quella di Leary, la figura socratica che segna il punto della situazione; se Joan è l'anima della serie, Cooper è il Vecchio Saggio, i suoi brevi interventi servono sempre ad indicare la stella polare;
la giornata è sempre la stessa, ma come ci avverte il Bardo Todol, sta alla coscienza dello psiconauta interpretare l'esperienza psichedelica come una rivelazione (Roger) o come un abisso pieno di mostri (Don); a Peggy vengono offerte tutt'e due le possibilità, può scegliere tra credere ai marziani o credere ai nazisti, non cambia poi molto se si è rinchiusi nel solipsismo come lei, la vita diventa un gioco di fagioli danzanti, una masturbazione in un cinema; anche lei come Don si aggrappa all'unica flebile speranza di un contatto umano