Visto ieri sera. Mi sembra che chi lo interpreti come una pura e semplice americanata o addirittura film di regime con tanta retorica (pro) bellica travisi abbondantemente il senso del film, oltre a non aver ben chiara la rotta nella lunga cinematografia di Eastwood.
E' un'opera biografica, di carattere drammatico e psicologico. Un po' più complesso di ciò cui si vorrebbe ridurlo: non è reazionario, non è conservatore, non è fascistoide.
Kyle, per dirla in soldoni, è un vero e proprio esaltato, traviato anche in parte dall'educazione impartitagli dal padre, che ce la mette tutta per arruolarsi ed è convinto che stia impedendo realmente a non-sa-manco-lui-bene-chi di attraversare l'Oceano ed arrivare "fino a San Diego".
Eastwood tutto sembra tranne che rimanere nel puro registro agiografico della "Leggenda": non si capisce altrimenti a cosa debba servire sottolineare a più riprese il mantra ideologico del protagonista ("uccidiamo quei selvaggi"), o il continuo dialogo (mancato) con la moglie, che lo vede perdersi in una guerra morbosa e che sempre più forte gli sbatte in faccia la verità ("non stai proteggendo nessuno di noi, lo fai solo per te stesso"), verità che capisce solo quando rischia di rimanerci secco - coinvolgendo i suoi amati compagni - con l'eliminazione a dir poco rischiosa della sua nemesi, il cecchino siriano. Il lungo duello lo corrode pian piano, per tutto il film, fino a minarne la lucidità sul campo di guerra e la cognizione del presente che vive, anche sul sicuro terreno americano.
Le figure mediche che il protagonista incontra, la moglie, il fratello, i reduci feriti, fanno tutti parte dell'altra faccia della medaglia. Tutte cose cioè a cui Kyle non pensava, al di fuori della sua semplice, cruda ed ingenua visione del mondo. E stanno lì anche per lo spettatore, per far vedere ancor di più quanto Kyle fosse affascinato in maniera perversa dalla guerra e deviato dalla sua esperienza, fino a rischiare di mettere la fedeltà ai SEALS ed all'esercito che lui serve, davanti all'amore per la sua famiglia.
Detto ciò, spero che non sia questo l'ultimo lavoro di Clint Eastwood, anche se forse il suo testamento cinematografico già lo ha scritto.
Due parole infine sullo zio Clint: è tutto meno che un guerrafondaio marcio ed un "conservatore" tout court. Quando si parla di opinioni e presunte polarizzazioni partitiche nello spettro di quel casino che sono gli USA, è facile fare una frittata nell'affibbiare un'etichetta, interpretata secondo una prospettiva tipicamente continentale. Non è che si è conservatori perché si vota McCain o Eisenhower. Basta solo ricordare che Eastwood si è espresso a favore dell'aborto, dei matrimoni omosessuali e in maniera critica sulla politica estera e militare del suo Paese. Non da ieri eh, ma da qualche decennio, fino a ribadirlo in tante recenti occasioni. Per non parlare poi delle sue idee sulla diffusione delle armi nella cultura poplare americana. Tutte cose che da noi, detto per inciso, verrebbero esemplificate come "opinioni di sinistra".