Una chicca. Credo che il presente non sia raccontato o testimoniato così bene né dalle serie tradizionali, né dai film, ma da mini serie gioiello come questa, una sorta di film allargato che ci fa passare 3 ore alla grande.
Da riscoprire, da diffondere, da discuterne a lungo. Nove pagine di topic con commenti di livello è un dato incoraggiante. Quoto in particolare
Garedyen quando pone l'attenzione sull'etica degli episodi, quoto anche
Eleucalypthus che a inizio discussione si auspica che prodotti del genere vengano mostrati ai ragazzi, nelle scuole. Conosco chi l'ha fatto, all'Università. Fuori dall'Italia, purtroppo. Io insegno in un centro di formazione professionale, altro mondo, ma cerco di stimolarli sempre e questa sarebbe una sfida decisamente alettante.
Tre episodi interessantissimi, con riflessioni modernissime sulla natura umana e sul presente. E raccontare il presente mentre si svolge è una delle cose più difficili in assoluto, perché si rischia di essere già vecchi. Qua no. Per cui sono ancor più grandiosi questi britannici.
Il primo, ambientato nel mondo normale con tecnologia di oggi leggermente avanzata. Il secondo, in un mondo "altro" con tecnologie avanzate. Il terzo, nel mondo normale con una tecnologia avanzata.
Il
primo episodio mi ha letteralmente scioccato. Non mi aspettavo qualcosa di così radicale, di così acuto. Il disagio di un premier sì, ma non
questo disagio! Sorprendente anche il modo in cui viene trattata la vicenda, davvero perfetto: la diffusione della paura - l'unica cosa umana che sembra andare al passo con la tecnologia, se non più veloce - , il cambio di atteggiamento nella gente ma anche nei collaboratori e ovviamente nei famigliari, il mondo dell'informazione in un bignami. L'ho sentito davvero tanto e l'ho trovato attualissimo senza bisogno di troppi espedienti o effetti. Talmente spiazzante da risultare, forse, il mio preferito. Perché non assomiglia a nulla. E sta in 43 minuti.
Il
secondo episodio è visivamente straordinario. E, in primis proprio grazie alla rappresentazione, vince la sfida di raccontare in modo disturbante e non banale un tema così tanto conosciuto. Ottimo anche il senso di claustrofobia e di ansia autentica che provoca la ripetitività dei gesti, estremizzati, ma non così lontani da quelli dello spettatore di oggi,
manipolato per sognare una vita sul palcoscenico. Che altro non è se non una stanza più grande della stessa gabbia. Forse un pelino troppo lungo (1ora) ma una delle migliori pennellate sul presente televisivo dominato dalla falsità, prima ancora che dal talent show.
Il
terzo episodio è il più ambizioso nelle premesse ma il più deludente, forse, nelle conclusioni. Sono passati 16 anni dallo Squid di "Strange Days" (1995, anche se il film è ambientato superfuturisticamente nel 1999)
film che amo nonostante un finale troppo morbido rispetto alle premesse apocalittiche
ma l'uomo, evidentemente, non ha ancora imparato a far tesoro dei progressi tecnologici. E usa la tecnologia - o si fa usare da essa - per intensificare i propri difetti e per chiudersi nel proprio mondo, anziché allargarne i confini. Il dispositivo viene usato in maniera nostalgica o per studi paranoici sulle reazioni umane (segni di menzogna, disagio, paura), ma non alla "Lie to Me" e soprattutto non per qualcosa che sia "il meglio" per loro. Mi sarebbe piaciuto vedere il Grain al servizio di una storia diversa, non così incentrata sull'accanimento del protagonista per gelosia. Ben fatto, nulla da dire, ma la mia aspettativa era davvero altissima.
Spero davvero che il progetto abbia un seguito. Questa mini serie (voto
9) è quanto di meglio si possa trovare in circolazione, soprattutto nel rapporto durata-contenuti. E un grazie sincero a tutto il team di ITASA, oggi più che mai.